Marcella Agostoni
suora di Maria Bambina

Con le riflessioni di suor Marcella Agostoni che per 17 anni ha lavorato per lui, dal 1985 al 2002, e che abbiamo l’onore di avere nella Comunità delle suore di Maria Bambina a Cesano Boscone, vogliamo contribuire a far risplendere l’umanità del Cardinale Carlo Maria Martini anche attraverso piccoli fatti e ricordi di vita quotidiana. Le Suore di Maria Bambina hanno assistito Martini fin dai primi giorni del suo arrivo a Milano in tutte le questioni domestiche e familiari. Fino al 2011 le Suore di Maria Bambina gli sono rimaste accanto anche a Gallarate. Nel periodo in cui suor Marcella restò vicina a Martini, la piccola comunità era costituita da cinque suore, vivevano nella casa in Arcivescovado e lei ne era la superiora.

 

Suor Marcella ricorda il primo incontro con Martini: “Arrivata in Arcivescovado dopo cinque anni dall’ingresso di Martini a Milano, il Cardinale mi accolse nel suo studio con molta cordialità, dicendomi che la casa era molto impegnativa e che avrei dovuto faticare non poco. Ricordo da subito il senso di affabilità del Cardinale e mi resi conto che era come un padre. Quando dopo sei anni fui chiamata dalla mia Madre Generale, pensai che, come da Regola, mi avrebbero assegnata ad altro incarico. Fui sorpresa, quando la Madre mi disse che, su espressa richiesta del Cardinale, sarei rimasta e che venivo nominata superiora delegata in modo tale da poter rimanere tutto il tempo necessario. Quando nel 2002 il Cardinale lasciò Milano per recarsi a Gerusalemme, al momento della partenza non sono stata capace di salutarlo personalmente, tanta era la commozione. Ho preferito lasciargli una lettera di commiato sul tavolo. Dopo pochi giorni dal suo arrivo a Gerusalemme il Cardinale mi scrisse una lettera cordialissima nella quale ringraziava me e tutte le suore per il servizio generoso e silenzioso”. Da allora Suor Marcella e il Cardinale Martini intrattennero una corrispondenza molto cordiale; quella calligrafia inconfondibile che di lettera in lettera si faceva sempre più piccola e irregolare, a tratti illeggibile, fino alla prima lettera scritta via mail e poi l’ultima del 31 ottobre 2009. Martini era già a Gallarate e allora suor Marcella sostituì le mail con le visite.
Non amava i segni del potere, i privilegi
Al suo ingresso nella diocesi milanese il 10 febbraio 1980 l’Arcivescovo Martini è passato a salutare i nostri ospiti e i nostri operatori testimoniando la sua predilezione per le persone semplici e apparentemente meno importanti agli occhi dei più. Si presentò con semplicità e dolcezza, senza sfarzi e senza clamori avvolto in un cappotto grigio e una sciarpa a righe grigie. Suor Marcella ricorda che Martini amava le cose semplici anche in casa, in privato: “durante i pranzi, nonostante ci fossero ospiti importanti, non desiderava piatti ricchi o sfarzi sulla tavola. Per aiutarmi, quando ero imbarazzata dall’importanza dei commensali, il Cardinale sorrideva e assegnava personalmente i posti a tavola. Era davvero un signore. Trattava con ugual rispetto le persone importanti e quelle meno. Il garbo e la finezza del Cardinale facevano parte del suo essere.
Durante un viaggio in America, ho dimenticato di mettere in valigia lo zucchetto. Al suo rientro, parlando dell’America e dell’incontro con i vari prelati, ricordava sorridendo che loro erano tutti in pompa magna e l’arcivescovo di Milano, pur essendo anche lui ben vestito, era senza zucchetto. E di questo era divertito e non ne aveva avuto vergogna. Era libero e semplice.
Un’altra volta una suora della comunità preparando la valigia per un viaggio, sapendo che il Cardinale non era in casa, trasportando in mano i vestiti per riporli in valigia, si era messa lo zucchetto sulla testa sopra il velo. Mentre usciva dalla camera ha incontrato il Cardinale che nel frattempo era improvvisamente sopraggiunto. La suora diventò di tutti i colori e si scusò dicendo che voleva evitare che lo zucchetto cadesse per terra “già…cade per terra” disse sorridendo con ironia.
Suor Marcella ricorda quanto grande fosse la sua vicinanza a chi soffriva: “Non mancava assolutamente di interessarsi degli amici, di confortarli e di andarli a trovare. Ritagliava tra i suoi numerosi impegni il tempo necessario per essere vicino concretamente agli altri. Si ricordava di tutto e di tutti, non gli sfuggiva nulla. Aveva una capacità di accettare i fatti, anche tristi, della vita con un’incredibile fiducia verso il Signore. Mi ricordo come da subito il Cardinale abbia accettato la diagnosi della sua malattia senza farne un dramma. Certo si curava, ma con accettazione del suo destino. Non l’ho mai sentito una volta lamentarsi contro la malattia che l’aveva colpito”.
Suor Marcella ricorda il grande rispetto del Cardinale per ogni convinzione
“Il Cardinale era molto concreto, non c’erano mezzi termini. Viveva l’accettazione incondizionata della volontà del Signore in qualunque situazione, mantenendosi aperto nei confronti dei problemi difficili che animavano la società e le coscienze delle persone; aveva il dono del rispetto delle idee degli altri e non le giudicava mai”.
Viveva il ‘farsi prossimo’ dimostrando con il suo vivere, quanto questo può dare senso alla vita
Suor Marcella ricorda: “L’attenzione del Cardinale nei confronti del prossimo era costante. Viveva per gli altri. Ho ancora vivo nella mia memoria il fervore del Cardinale mentre fondava con i suoi collaboratori la ‘casa della carità’ per l’accoglienza gratuita dei poveri e dei bisognosi milanesi.
Ha fatto tante altre cose, ha amato fraternamente tutti quelli che ha incontrato sulla sua strada, curava con dedizione e sensibilità i rapporti interpersonali, dentro di lui il prossimo era al primo posto.
Teneva tanto alla comunità delle sue suore e alla serenità dell’ambiente, eravamo per lui come una seconda famiglia. La prima volta che rientrando ci vide tutte lì pensò che fosse successo qualcosa! In realtà noi volevamo solo che sentisse il piacere di tornava a casa! La cosa lo aveva reso felice e da allora diventò una bellissima consuetudine. In occasione del mio venticinquesimo di professione il Cardinale venne in Casa Madre a celebrare la messa per le festeggiate e la comunità intera, a dimostrazione della sua affettuosa disponibilità verso il prossimo”.
La profonda spiritualità di Martini 
Suor Marcella ricorda: “Quando era in casa, al mattino celebrava la s. messa partecipavamo noi suore e i suoi più stretti collaboratori (quattro sacerdoti). Dopo la messa non mancava la riflessione quotidiana, piccoli pensieri che toccavano il cuore e che mi accompagnavano per tutta la giornata. Nei momenti in cui si pregava insieme il Cardinale era veramente coinvolgente, sapeva trovare parole adatte per tutte le circostanze. Pregava e studiava non appena possibile, passeggiando dal terrazzo alla casa e dalla casa al terrazzo, avanti indietro lentamente, anche per ore. Le suore quando lo vedevano in questo profondo raccoglimento evitavano ogni piccolo rumore per non disturbarlo”.
L’ascolto, la curiosità di sapere, la vicinanza alle persone e alle vicende umane 
Suor Marcella ricorda la semplicità della sua vita quotidiana: “Il Cardinale era felice quando l’organizzazione della casa gli consentiva di invitare a pranzo e a cena amici e collaboratori. Aprire la sua casa e accogliere chiunque ne avesse bisogno era per lui molto importante, un modo di esercitare la sua missione. In occasione delle feste principali invitava anche noi suore a pranzo; se festeggiava con i collaboratori e amici non trascurava noi suore della comunità e ci faceva partecipi della sua quotidianità. La sua sensibilità lo portava ad una vicinanza rispettosa delle persone. Non trascurava nulla. Era un uomo di Dio, che ascoltava tutti con cuore grande, senza ostentare le sue buone azioni.
In occasione di cambiamenti o di decisioni importanti amava consultarsi con i collaboratori e teneva in debito conto il loro contributo, spesso si confrontava anche con me”.
Suor Marcella ricorda ancora l’attenzione fraterna che aveva nei confronti della comunità delle sue suore ‘si interessava di noi, della nostra salute e del nostro benessere. Quando una suora era assente chiedeva immediatamente la motivazione per condividere la vita comunitaria. Quando una suora della comunità morì tragicamente, si prodigò come un fratello in tutto. Telefonò personalmente ai carabinieri del paese dove era avvenuto l’incidente d’auto per sapere direttamente come era avvenuto il fatto. Tenne contatti con la famiglia della suora e lo sentimmo molto vicino alla nostra sofferenza; ci confortò molto la sua presenza al funerale.
Ad esempio, quando arrivò a Milano, il Cardinale passando a piedi davanti al carcere di s. Vittore disse la famosa frase ‘qui devo venire frequentemente’. Così è stato. Per i carcerati ha fatto tanto e per testimoniare loro la sua vicinanza ogni Natale non mancava di celebrare in carcere la S. Messa”.
suor Marcella Agostoni,
“Super omnia charitas”,
periodico della Fondazione Sacra Famiglia , n.3, ottobre 2012
Share This