Sandro Clerici
autista di Martini

Sandro Clerici, 22 anni di servizio:
«Quando bucammo volle imparare a sostituire la ruota»

 

MILANO – Durante il suo episcopato si sono succeduti sette segretari, due vicari generali, decine di preti e suore, assistenti, addetti all’arcivescovado. «Tu però mi sei sempre rimasto accanto», disse il cardinale Martini a fine maggio, lacrime di gratitudine sul suo viso ieratico, le mani strette a quelle del fidato autista. Vicini allora come in tanti viaggi. Uno di fianco all’altro. Sandro Clerici alla guida, l’arcivescovo di Milano sul sedile anteriore. Insieme per ventidue anni e un milione di chilometri.

Visite pastorali, incontri, appuntamenti giornalieri nelle 1.107 parrocchie della diocesi più grande del mondo. Su una Fiat 132, poi le Thema e le Volvo. Una luce fatta aggiungere sul lunotto del passeggero, «per leggere il Nuovo Testamento, in greco». Vetri trasparenti, «per salutare i fedeli». A volte la radio accesa, «ascoltava le notizie del giorno». Poche parole, lunghi spostamenti. E un Martini segreto, raccontato con delicatezza da «uno di famiglia». «Quando andavamo a Roma, nel tratto appenninico tra Bologna e Firenze, diceva: “Sandro, fammi guidare”. Scendevo dall’auto e si metteva al volante. Amava le curve strette di montagna». E le lunghe passeggiate, le pedalate in bicicletta nel cortile dell’arcivescovado, nelle sere d’estate. «Poi passava a mangiare il gelato da me e mia moglie, abitavamo anche noi nella sede della curia. E il giorno di Capodanno pranzavamo insieme».

I primi anni a Milano, l’arcivescovo in viaggio per la diocesi.

Gli scavi della linea tre della metropolitana, la prima visita del Papa nell’83, gli itinerari lombardi, le inaugurazioni. In auto Martini studiava, preparava le omelie, smaltiva la corrispondenza. «E appena arrivati a destinazione, sapeva mettere tutti a loro agio». Come quella volta a Porlezza nel luglio del 1982, «faceva caldissimo sul lago di Como. Il parroco sembrava molto preoccupato, a riva si notavano alcuni bagnanti in costume, le donne erano in bikini. Temeva che quella vista potesse offendere Martini. Ma lui, in abito talare, rispose così: “Forse hanno un vestito più adeguato loro”». Il biblista, la sua ironia. E il grande cuore. «Non ti dà fastidio se tuo marito passa più tempo con me che con te?», chiese un giorno a Elena, moglie di Sandro. Lui sorride: «Ne abbiamo fatta di strada, in effetti». E anche qualche incidente. «Una volta bucammo in piazza V Giornate. “Eminenza, la faccio venire a prendere da un’altra macchina”». La solita risposta spiazzante: «No, grazie. Preferisco rimanere qui e vedere come si cambia la gomma. Così, se dovesse capitarmi, so come fare». Il cardinale di Milano in mezzo alla strada. «In pochi istanti la folla si riunì intorno a lui per salutarlo, ringraziarlo, baciargli la mano. Dovetti chiedergli di entrare nella farmacia vicina, altrimenti avremmo bloccato il traffico». Ci fu poi quel brutto tamponamento in viale Zara, «per evitare un’auto ne colpimmo un’altra. Proponemmo la constatazione amichevole in arcivescovado. Mai visto un tamponato più felice».

Le parole e gli sguardi. Le carezze…

«Negli ultimi mesi – racconta Elena – avevo trovato il coraggio di prendergli la mano, di sfiorargli la guancia, come si fa con un vecchio padre». Un padre dolcissimo. «Piangeva – aggiunge Sandro – quando lo vidi a maggio. Non voleva che me ne andassi, anche se era ora di prendere le medicine. “Stai seduto”, sussurrava tenendomi le mani». L’ultimo ricordo è affidato a una strada, l’auto che corre tra paesaggi conosciuti. «Diretti al seminario di Venegono, mi chiedeva sempre di passare per i boschi».

Annachiara Sacchi
Corriere della Sera, 3 settembre 2012
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