Settant’anni fa, il 13 luglio 1952, a Chieri, insieme a 19 compagni, Carlo Maria Martini riceveva l’ordinazione presbiterale dall’arcivescovo di Torino, cardinale Maurilio Fossati.
Pochi giorni dopo p. Martini firmava, sul numero di giugno-luglio 1952 del giornale dell’Istituto Sociale, la scuola dei gesuiti di cui era stato alunno, l’articolo di fondo dedicato alla figura del sacerdote. Lo riportiamo qui di seguito.
Il sacerdote
Sulle strade dell’uomo verso Dio si trova, presto o tardi, un prete. Alcune volte si presenta con un atteggiamento timido e dimesso, come se volesse farsi perdonare di trovarsi lì, in quella strada così ariosa ed aperta, dove sembra che l’anima stia, da un momento all’altro, per incontrarsi da sola con Dio. Altre volte, più raramente, assume un po’ l’atteggiamento dell’uomo importante, come se da lui dipendesse il benessere dell’umanità, un po’ come segretario onnipotente che regola a piacere l’accesso agli uffici segreti di Dio. Ad ogni modo è un fatto che, sia che ci appaia come un vigile importuno, sia che lo consideriamo come una guida sorridente e discreta, non si fa un cammino verso Dio senza di lui.
C’è qualcosa di sconcertante nel fatto che Dio abbia voluto mettere vicino ad ogni uomo, come un’ombra silenziosa, la figura del Sacerdote.
Ma tutti coloro che credono nel bisogno di Redenzione dell’uomo, coloro che non sarebbero indifferenti ad una nuova venuta di Cristo sulla terra, devono sforzarsi di penetrare il piano di Dio, di rompere la maschera che il sorriso o il fare impacciato del prete che hanno di fronte costituisce per loro, per scoprire in quante maniere impensate profondamente umane Dio intenda unirci a sé proprio per mezzo del sacerdote.
Tutti gli uomini che hanno bisogno di Dio hanno anche bisogno di Gesù Cristo. La mediazione di un elemento umano entra come parte necessaria nei rapporti dell’uomo con Dio. Si va a Dio guardando il volto di un uomo, che è appunto Uomo-Dio. Non c’è salvezza senza speranza in lui, senza la fiducia del suo sangue redentore, senza l’unione col suo sacrificio. E siccome la presenza di Gesù è stata limitata nel tempo e nello spazio, altri uomini prestano per così dire, al Salvatore il loro volto, le loro labbra, le loro mani, e gli permettono di essere così, sotto questa apparenza moderna e discreta, vicino ad ogni uomo che ha bisogno di Lui. Il prete viene così a continuare la presenza del Signore tra gli uomini, egli è accanto ad essi per preparare, affrettare, consolidare l’unione di ogni uomo con Dio. Il sacerdote, che chiama il Salvatore nell’Eucarestia, che nella predicazione invita le anime, che nella confessione le prepara, purificandole all’unione sacramentale, rende possibile uno degli atti più grandi di unione con Dio che si possono avere in questa terra.
Ed è ancora per mezzo suo che l’anima si prepara all’unione con Dio più personale e misteriosa, quella che veramente esclude ogni intervento umano, nell’unione beatifica di Dio. Allora il prete sarà autorizzato a ritirarsi per contemplare in silenzio.
p. Carlo Maria Martini