Pubblicate le lettere che per trent’anni si sono scambiate Silvia Giacomoni, giornalista di La Repubblica e Carlo Maria Martini. Due persone che vivevano nel centro di Milano: lui in piazza Fontana, lei in via Bagutta…
 
… Non si potevano telefonare, né incontrare al bar o in biblioteca. Perché lui era l’arcivescovo e l’organizzazione della sua vita era incompatibile con i ritmi di quella di lei, giornalista, moglie di Giorgio Bocca, madre di tre figli. 
 
Il volume porta alla luce un carteggio straordinario in cui, come sottolinea padre Carlo Casalone nella Prefazione al volume, “… ciascuno si gioca a partire dalla situazione in cui si trova, senza offuscare la propria sensibilità né la propria biografia, ma esattamente attraverso di esse. È infatti quello il luogo in cui riconoscere l’operare di Dio: le parole di una persona vivace e sensibile come Silvia Giacomoni ci permettono di constatarlo, grazie all’accompagnamento discreto e tenace di un testimone d’eccezione come Martini.”
 
È la giornalista a prendere l’iniziativa, e lui risponde. Le lettere approfondiscono il rapporto di lavoro. Lei lo segue per la Repubblica da quando papa Wojtyla ha mandato lui, biblista, a Milano come arcivescovo. Martini è ben contento di conoscere le reazioni di una persona agnostica al suo impegno pastorale. Silvia è felice di colmare le sue lacune in campo religioso. Parlano del comunicare personale e mediatico, progettano cattedre dei non credenti, discutono di ecumenismo e di Tangentopoli, si interrogano sull’aborto e sulla Lega, sulla preghiera e su Israele. Insomma, lo scibile di quegli anni milanesi è per loro materia quotidiana sullo sfondo delle grandi questioni poste dalla Bibbia. Ed è proprio la parafrasi che Silvia scriverà dell’Antico Testamento, nel tempo della pensione di Martini, la spia del gran cambiamento, conversione compresa, avvenuto in lei nel corso di quegli anni.
 
Diavolo d’un cardinale. Lettere (1982-2012),
di Silvia Giacomoni e Carlo Maria Martini,
Bompiani 2021
 
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