Percorsi martiniani

LA CATTEDRA DEI NON CREDENTI

La Cattedra dei non credenti è stata probabilmente una delle intuizioni più caratterizzanti l’episcopato di Carlo Maria Martini a Milano. L’iniziativa si sviluppò dal 1987 al 2002, lungo 12 edizioni e 50 incontri. In questo percorso, attingendo in particolare ai materiali multimediali dell’Archivio digitale e ai contenuti del primo volume dell’Opera omnia, dedicato appunto alla Cattedra, ricostruiamo origini, significati, caratteristiche e contenuti principali di una delle più feconde eredità lasciateci dal Cardinale.

UNA PROPOSTA INSOLITA

Non solo ascoltare i non credenti o dialogare con loro, ma metterli “in cattedra” (espressione che, usata da un arcivescovo, assumeva un significato molto particolare), per farsi interrogare da loro e dalla dinamica generata dal confronto: questa l’intuizione fondamentale alla base di una proposta che Martini stesso, nella serata inaugurale del 17 novembre 1987, definì “abbastanza insolita” e “un po’ provocatoria”. Non si trattava di una classica conferenza dal movimento unilaterale, con un insegnamento da parte di chi era “in cattedra” e un ascolto passivo da parte dei presenti (arcivescovo compreso). Al contrario l’elemento dialogico era cruciale, sia nello svolgimento di ogni incontro (in cui Martini introduceva e interagiva) sia, a livello più profondo, nella dinamica interiore messa in moto nei partecipanti. Si trattava, come spiegò Martini stesso all’inizio del percorso, di «un’esercitazione dello spirito, quasi seminario di una ricerca su di sé, sulle ragioni del credere o del non credere, cioè sulle ragioni di quelle cose che per tanti di noi sono decisive, riguardano l’orientamento globale della vita».

1993, VII edizione: il Cardinale con Shoten Minegishi
Tra i collaboratori laici che in maniera più assidua hanno accompagnato il cammino delle Cattedre ci fu il filosofo Massimo Cacciari, relatore, insieme a Martini, nell’incontro di apertura e in altre serate del primo ciclo. In questo passaggio della videointervista rilasciata al nostro Archivio, Cacciari spiega il senso di questa dimensione dialogica e di interrogazione interiore.
All’esperienza della Cattedra dei non credenti è legata una delle frasi più celebri di Carlo Maria Martini: «… Ciascuno di noi ha dentro di sé un non credente e un credente che ci parlano dentro, che si interrogano a vicenda». Queste parole furono pronunciate durante il primo incontro.

L’IDEA E LO STILE

Secondo ciò che ha riferito lo stesso Carlo Maria Martini, l’idea originaria delle Cattedre dei non credenti non fu sua ma di un sacerdote suo collaboratore. Fu il cappellano di San Vittore, don Luigi Melesi, in un colloquio con l’arcivescovo, a suggerire questa modalità. Qui il brano della videointervista in cui Melesi racconta l’episodio.

«Io vorrei prendere questa occasione per iniziare un discorso semplice e familiare che servisse a farmi conoscere dal clero e dai fedeli della Chiesa Ambrosiana e avviasse con ciò un dialogo di mutua conoscenza e trasparenza. Senza questo infatti non è possibile formare una comunità di fede». Così scriveva Martini in un articolo su Terra Ambrosiana del 1988, all’interno di un bilancio della prima annata delle Cattedre, per descrivere il clima.

Leggi l’articolo completo

Il professor Gustavo Zagrebelsky, giurista e costituzionalista, fu il protagonista dell’ultima Cattedra, nel 2002. Nella sua intervista per la Fondazione Martini ricorda, tra l’altro, l’estrema puntualità e il clima di grande raccoglimento che caratterizzò la serata.

ALLE RADICI DEL DIALOGO

Nella sua Prefazione al primo volume dell’Opera Omnia, edita da Bompiani, dedicato alle Cattedre dei non credenti, papa Francesco ha spiegato come questa esperienza sia stata «l’esempio di maggiore risonanza anche internazionale» dello stile pastorale e di dialogo di Martini.

Scrive il Papa: «Con questo stile pastorale e spirituale di dialogo il cardinale Martini non ha cercato solo di coinvolgere i membri della comunità ecclesiale. Ha cercato anche attivamente di incontrare chi nella comunità dei credenti immediatamente non si riconosceva. È questo il secondo tratto del cardinale che voglio ricordare. Egli ha spinto lo sguardo oltre i confini consolidati, favorendo una chiesa missionaria “in uscita” e non chiusa su se stessa, facendo emergere il messaggio universale del Vangelo, portatore di luce e di ispirazione per tutte le persone. L’esempio di maggiore risonanza anche internazionale di questo modo nuovo di dialogare con il mondo contemporaneo fu la Cattedra dei non credenti, che giustamente viene presentata nella sua interezza proprio nel primo volume di questa Opera omnia».

«L’iniziativa nacque dalla convinzione che tutti, credenti e non credenti, siamo alla ricerca della verità e non possiamo dare nulla per scontato. Ogni credente porta in sé la minaccia della non credenza e ogni non credente porta in sé il germe della fede: il punto d’incontro è la disponibilità a riflettere sulle domande che tutti ci accomunano. Martini stesso non ha mai smesso di essere un cristiano che si interrogava con onestà sulla propria fede, nella consapevolezza che questo non ostacolava, ma anzi rafforzava, il suo ministero di vescovo chiamato a pascere il gregge a lui affidato. In questo senso ha incarnato magistralmente il famoso motto di Agostino: “Vobis enim sum episcopus, vobiscum sum christianus” (per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano, Sermo 340,1). Il cardinale aveva intuito la fecondità del contributo che le comunità cristiane possono dare alla società civile oggi se compiono questo sforzo di mediazione sul piano etico e antropologico: i principi della fede, lungi dal trasformarsi in motivo di conflitto e di contrapposizione all’interno della convivenza civile, possono e devono risultare vivibili e appetibili anche per gli altri, nel maggior consenso e concordia possibili e motivare in profondità l’impegno per la giustizia e per la solidarietà».

Roma, 30 agosto 2013 Udienza di Papa Francesco ai componenti della Fondazione Carlo Maria Martini.
Il filosofo Carlo Sini, relatore nella Cattedra del 2000, è intervenuto il 20 ottobre 2015 alla presentazione del primo volume dell’Opera omnia. Così spiega la lezione martiniana sui fondamenti del dialogo, alla base anche dell’esperienza delle Cattedre: «Nel dialogo, diceva Martini, io imparo da te il mio limite, tu impari da me una differenza che ti arricchisce». A fianco un passaggio dell’intervento di Carlo Sini.
Nella stessa serata ha portato la sua testimonianza anche il filosofo Salvatore Natoli, un altro degli intellettuali ospiti delle Cattedre. Nel suo intervento Natoli fa un’importante sottolineatura sul rapporto tra il pensiero di Giovanni XXIII e la concezione del dialogo promossa dal cardinal Martini. A fianco un passaggio dell’intervento di Salvatore Natoli.

LA PREPARAZIONE E LO SVOLGIMENTO

Era il Cardinale a scegliere il tema delle singole edizioni e il loro sviluppo complessivo. Ma per concretizzare l’idea di fondo Martini preferiva confrontarsi con vari collaboratori e personalità del mondo culturale, accademico ed ecclesiale. Don Giovanni Barbareschi fu uno degli assistenti scelti dall’arcivescovo per la preparazione delle Cattedre, dalla quarta edizione in poi. In questo brano dell’intervista realizzata per il nostro Archivio spiega come avveniva la preparazione.
I temi delle Cattedre venivano di anno in anno individuati secondo la metodologia già illustrata. I titoli assegnati alle singole edizioni erano sufficientemente ampi da consentire di spaziare su vari ambiti dell’esistenza umana. Elemento costante erano i grandi interrogativi dell’uomo: dal dolore (1988) alla speranza (1990), dall’ordine dei sentimenti (1991) al silenzio di Dio (1992), dal rapporto tra fede e violenza (1996) a orizzonti e limiti della scienza (1998).
La formula era piuttosto mutevole: in alcune edizioni i relatori cambiavano in ogni incontro, in altre rimasero gli stessi per tutta la durate del ciclo. Né c’era la preoccupazione di mantenere una cadenza regolare rispetto al numero di serate: si va dai 7 incontri della IV Cattedra, quella del 1990, all’unico incontro dell’ultima Cattedra, nel 2002.

GLI OSPITI E I TEMI

Alla Cattedra dei non credenti intervennero una quarantina di intellettuali, con una certa prevalenza di filosofi (dai già citati Sini, Cacciari e Natoli a René Girard e Giulio Giorello), ma non mancarono uomini e donne del mondo dello spettacolo e delle arti, come Ermanno Olmi, Liliana Cosi, Carlo Maria Giulini, né teologi come Pierangelo Sequeri, Raniero Cantalamessa, Enzo Bianchi e Bruno Forte; e sulla “Cattedra” Martini volle far salire anche psicologi, politici, scrittori. A fianco il prospetto completo con date, titoli, ospiti e luoghi degli incontri.

La quasi totalità degli interventi sono stati raccolti nel già citato volume dell’Opera Omnia dedicato appunto alle Cattedre dei non credenti. Tra i pochi contributi mancanti c’è il primo di Massimo Cacciari, il 17 novembre 1987, sul tema «Ragioni del non credere». Cacciari ha preferito non concedere il permesso per la pubblicazione scritta. Ha invece consentito all’Archivio Martini di custodire e pubblicare l’audio del suo discorso.
Tra i personaggi intervenuti alle Cattedre ci fu Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, che partecipò alla VI edizione, quella del 1992, sul tema «L’uomo di fronte al silenzio di Dio». Qui il suo ricordo, tratto dall’intervista concessa per l’Archivio Martini.

TRA ENTUSIASMI, CRITICHE ED EREDITA’

La proposta di Martini suscitò da subito l’interesse dei giornali, anche quelli di ispirazione laica. Di seguito è possibile leggere come Marco Garzonio, del Corriere della Sera, e Silvia Giacomoni, di Repubblica, due giornalisti che nel tempo ebbero modo di conoscere molto bene il cardinal Martini, presentarono l’iniziativa: l’articolo del Corriere fu pubblicato pochi giorni dopo il primo incontro, quello di Repubblica si riferisce all’edizione del 1991.

L’iniziativa martiniana non fu indenne da critiche e polemiche: vi era chi metteva in discussione l’ortodossia dell’esperimento. Guido Formigoni, autore dell’Introduzione al volume dell’Opera Omnia dedicato alle Cattedre, ricorda alcuni casi: «Suonò piuttosto forzata in questa logica la polemica di un confratello vescovo, mons. Sandro Maggiolini, che nel 2001 – senza peraltro avere il coraggio di citare direttamente l’esperienza avviata da Martini – se la prendeva con coloro che offrivano cattedra, pulpito, microfono e penna a maestri pescati “tra i mangiapreti, i filosofi in crisi che si crogiolano e sguazzano nel dubbio, gli atei: estranei e contrari alla fede, comunque”. Si sarebbe trattato di “non credenti di professione”. Alcune altre osservazioni furono più articolate e stimolarono qualche approfondimento. Nel gennaio del 1997, ad esempio, Sergio Zavoli aveva posto a Martini in un dialogo questo problema: “alla sua Cattedra dei non credenti si fanno tanti bei discorsi, ma nessuno si converte. Il miracolo della conversione non avviene più. Perché?”. Al che Martini obiettava che senza pubblicità, poteva dare testimonianza di “cammini di purificazione, di chiarezze raggiunte, di cammini di riconciliazione con sé stessi”». È lo stesso Formigoni a ricordare poi il «piccolo ma interessante spaccato» costituito dalle «molte lettere che Martini riceveva dagli ascoltatori delle diverse sessioni della Cattedra, che egli leggeva sempre con attenzione e talvolta riprendeva anche pubblicamente, quando qualche spunto gli sembrava proponibile come domanda o riflessione generale». Lo storico ricorda infine «che lo stesso papa Giovanni Paolo II nel 2002 inviò al cardinale Martini un affettuoso messaggio pubblico, in occasione del cinquantesimo di sacerdozio, in cui si citava anche l’iniziativa della Cattedra, “che resterà celebre anche fuori dai confini della diocesi di Milano”». Fu comunque lo stesso Martini, nell’introdurre la quinta edizione della Cattedra, nel 1991, a rassicurare tutti esplicitando con chiarezza quello che considerava un riferimento basilare del cammino, ovvero una riflessione di Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

«Qualcuno può anche aver pensato che siamo quasi ai limiti dell’eresia cattolica! Per mostrare che non è così, per tranquillizzare tutti, cito alcune parole del cardinale Ratzinger, prese da un suo libro di parecchi anni fa, nel quale, proprio riportando l’apologo rabbinico che ho ricordato, si esprime così: “Per dirla in altri termini, tanto il credente quanto l’incredulo, ognuno a suo modo condividono dubbio e fede, sempre ben inteso che non cerchino di sfuggire a se stessi e alla verità della loro esistenza. Nessuno può sfuggire completamente al dubbio, ma nemmeno alla fede. Per l’uno la fede si rende presente contro il dubbio, per l’altro attraverso il dubbio e sotto forma di dubbio… E chissà mai che proprio il dubbio, il quale preserva tanto l’uno quanto l’altro dalla chiusura nel proprio isolazionismo, non divenga d’ora in poi la sede per intavolare delle conversazioni, per scambiare e comunicarci qualche idea”». (J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Queriniana 1969). E proseguiva Martini: «Trovo qui un’affinità molto grande con ciò che abbiamo cercato di fare finora: avviare una comunicazione, una riflessione a partire dal credente e dal non credente che è in noi, ascoltando alcune testimonianze o, meglio, alcuni testimoni. Essi non intendono indottrinarci, ma semplicemente mostrare come hanno pensato tra l’uno e l’altro di questi estremi, invogliando così anche noi a pensare, ciascuno con la propria testa e con il proprio cuore».

Gli sviluppi del metodo martiniano sono stati comunque molteplici. Merita certamente una citazione l’esperienza del Cortile dei Gentili, promossa dal Pontificio Consiglio per la cultura nel 2011, sotto ispirazione del card. Gianfranco Ravasi e a seguito di una sollecitazione di papa Benedetto XVI. Inoltre, come ricorda ancora Formigoni, «non si può mancare di riferirsi alla nuova urgenza con cui papa Francesco, dopo l’elezione al soglio pontificio del 2013 ha rilanciato la tematica», sia nella Evangelii Gaudium sia nella Laudato Si’, sia in generale in tante scelte e dichiarazioni.

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