Mostra

Adversa Diligere: un uomo per la città

Il tema

La Fondazione Carlo Maria Martini e l’Istituto Leone XIII, in occasione dei quarant’anni dell’ingresso a Milano del Cardinale, hanno organizzato una mostra dedicata al pensiero e all’opera svolta da Martini per riconciliare la città dopo anni difficili e sofferti, gli “anni di piombo” in cui la follia omicida provocò tante vittime e molto dolore.

Questa è la versione digitale della mostra Adversa Diligere: un uomo per la città. L’opera di Carlo Maria Martini per la riconciliazione di Milano, curata da Agostino Frigerio e inaugurata presso i locali dell’Istituto Leone XIII il 10 febbraio 2020.

 

Come ‘visitare’ la mostra on line: tre modalità complementari

 

Il racconto: una mostra da ascoltare

Ascoltando in streaming la sequenza degli audio o scaricando l’intero album è possibile entrare, attraverso i primi 8 documenti, nel contesto degli anni di piombo e nelle riletture storiche che ne sono state date successivamente, per poi passare all’ascolto di quella rilettura del pensiero di Martini e del ruolo da lui svolto per la riconciliazione della città che rappresenta il cuore stesso della mostra. Aiutati in questo dalla voce stessa di Martini.

Il percorso multimediale: una mostra da vedere, leggere, ascoltare

Questa modalità consente di percorrere la mostra accompagnando il filo del racconto con la ricchezza di fotografie, testi martiniani, documenti audio e video di Martini e su Martini che, grazie alla collaborazione di numerosi enti e persone, sono stati e continuano ad essere raccolti nell’Archivio digitale avviato nel 2015 dalla Fondazione Carlo Maria Martini.

La visita virtuale: i materiali espositivi

Quest’ultima tappa consente di prendere visione dei materiali espositivi della mostra in formato digitale, dai pannelli introduttivi ai cartelloni, dalla locandina al pieghevole di presentazione.

L’ascolto della mostra

La sequenza degli audio – da scaricare o ascoltare in streaming – alterna il racconto del percorso, documenti del periodo e le parole e la voce stessa di Carlo Maria Martini

Il percorso espositivo inizia proponendo un ritorno al contesto sociale e politico che vide il manifestarsi del terrorismo nero (le “stragi di stato”) e prendere corpo la scelta della lotta armata come forma di opposizione radicale al sistema capitalistico.
La strage di piazza Fontana e di Bologna da un lato, il rapimento Moro dall’altro rappresentarono gli episodi cruciali di un periodo – i cosiddetti “anni di piombo” – che insanguinarono l’Italia e particolarmente Milano.
I documenti riportati vogliono mettere in evidenza da un lato le “motivazioni” della lotta armata (lettere di Margherita Cagol alla famiglia e alla madre) e dall’altro due differenti risposte dello Stato, espresse in un’intervista all’ex Presidente Francesco Cossiga e in un intervento di Giovanni Pellegrino, componente della Commissione parlamentare sulle stragi.

Nel carcere di San Vittore, alcuni componenti di Prima Linea e dei Comitati Comunisti Rivoluzionari cominciarono a prendere le distanze dalla lotta armata. Il Cardinale Martini aveva iniziato a visitare i carcerati fin dal suo ingresso a Milano. Qualcuno dal carcere iniziò anche a seguire le trasmissioni radiofoniche che diffondevano le meditazioni di Martini sui Salmi. Lentamente si diffuse l’intenzione di consegnare le armi: a chi, se non a Martini, “che ci era stato ad ascoltare”?
Questa parte iniziale del percorso si conclude con un’intervista all’ex capo di Prima Linea Maurice Bignami che parla della sua conversione, e con alcune righe tratte dalla meditazione del Cardinale sul Salmo 50:

“Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;
nella tua grande bontà cancella il mio peccato.
Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato.
Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto;
perciò sei giusto quando parli,
retto nel tuo giudizio.
Ecco, nella colpa sono stato generato,
nel peccato mi ha concepito mia madre.
Ma tu vuoi la sincerità del cuore
e nell’intimo m’insegni la sapienza.”

​Si avvia poi il percorso espositivo, che cerca di ricostruire l’opera svolta dal Cardinale Martini per condurre la città dall’odio e dal dolore alla speranza e alla riconciliazione. Dal peccato alla Giustizia.
Il cammino si sviluppa in sei tappe, il cui filo conduttore è costituito dal pensiero martiniano dell’inscindibile nesso tra conversione del cuore e riconciliazione sociale e politica di una comunità.

“Cari genitori, vi scrivo per dirvi che non dovete preoccuparvi troppo per me. […] Ora tocca a me e ai tanti compagni che vogliono combattere questo potere borghese ormai marcio continuare la lotta. Non pensate per favore che io sia un’incosciente. Grazie a voi sono cresciuta istruita, intelligente e soprattutto forte. E questa forza in questo momento me la sento tutta. È giusto e sacrosanto quello che sto facendo, la storia mi darà ragione come l’ha data alla Resistenza nel ’45. Ma voi direte, sono questi i mezzi da usare? Credetemi non ce ne sono altri. Questo stato di polizia si regge sulla forza delle armi e chi lo vuol combattere si deve mettere sullo stesso piano. In questi giorni hanno ucciso con un colpo di pistola un ragazzo, come se niente fosse, aveva il torto di aver voluto una casa dove abitare con la sua famiglia.
Questo è successo a Roma, dove i quartieri dei baraccati costruiti coi cartoni e vecchie latte arrugginite stridono in contrasto alle sfarzose residenze dell’EUR. […] È questo il risultato della “ricostruzione”, di tanti anni di lavoro dal ’45 ad oggi? Sì è questo: sperpero, parassitismo, lusso sprecato da una parte e incertezze, sfruttamento e miseria dall’altra.”

0.2

data. 23 ottobre 2008
documento. Intervista di Andrea Cangini a Francesco Cossiga, Ministro degli Interni negli anni 1976-’78 e 8° Presidente della Repubblica Italiana (1985-1992)

“Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno”.​

Ossia?

“In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito…”.​

Gli universitari, invece?

“Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città”.​

Dopo di che?

“Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri”.​

Nel senso che…

“Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano”.​

Anche i docenti?

“Soprattutto i docenti”.

0.3

data. 10 dicembre 2019
documento. Intervista di Clemente Pistilli a Giovanni Pellegrino, Presidente della “Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi” (1996-2001)

Presidente Giovanni Pellegrino, nell’ambito della commissione stragi si è occupato a lungo di piazza Fontana. Cosa rappresenta a suo avviso quel dramma per la storia d’Italia?

“E’ stato l’inizio di una stagione di sangue durata oltre un ventennio. Allora questo non è stato ben compreso, perché la tragicità della vicenda italiana era vista sempre solo in chiave nazionale. Si è iniziato a capire di più quando tale vicenda, per merito del giudice Salvini a Milano, venne inquadrata in un orizzonte più ampio. In precedenza non si poteva comprendere senza comprendere l’anomalia politica italiana che ha attraversato tutta la prima Repubblica. La nostra democrazia del resto nacque dopo il ‘48 incompleta e restò sempre particolare. L’Italia nello scenario mondiale era vista come tragica frontiera. Questo determinò che una serie di componenti prevalentemente giovanili, appartenenti a gruppi di estrema destra, furono utilizzate in quello scenario mondiale, in parte dal Ministero dell’interno e in parte dai Carabinieri, in funzione anticomunista. A un certo momento però la vicenda sfuggì di mano, perché probabilmente l’attentato di piazza Fontana non doveva fare morti.”

0.4

data.19 marzo 1980
documento. Il cardinale Carlo Maria Martini benedice il corpo del magistrato Guido Galli, assassinato nei corridoi dell’Università Statale di Milano. Il suo ricordo di quel giorno.

La Milano che trova il cardinal Martini al suo arrivo è una Milano ancora insanguinata dalla lotta politica.

Emblematico del tragico avvitamento finale delle organizzazioni rivoluzionarie superstiti, in una spirale di follia omicida fuori da ogni riferimento alla realtà, è l’omicidio del giudice Guido Galli (19 marzo 1980) «reo di appartenere alla frazione riformista e garantista della magistratura».

0.5

documento. Intervista del 2019 di Paolo Vites a Maurice Bignami, capo militare di Prima Linea dal 1979 al 1981, sulla consegna delle armi a Martini avvenuta il 13 giugno 1984.
foto. l’arsenale consegnato da militanti di Prima Linea e dei CoCoRi al cardinal Martini.

Prima linea, con un gesto clamoroso, consegnò le armi all’arcivescovo Carlo Maria Martini, come segno che cessava la lotta armata. Come nacque l’idea di rivolgersi a lui? Fu per il carisma e le parole di Martini che cercava un dialogo con i terroristi, o semplicemente perché la Chiesa era una sorta di “terzo protagonista” tra voi e lo Stato? Una sorta di ente neutrale?​

“Fu una scelta a lungo meditata, che nacque dopo numerosi incontri, specialmente con i cappellani delle carceri. La Chiesa fu la prima istituzione che seppe leggere e valorizzare il nostro bisogno di cambiamento, che ci considerò degni di ascolto, di affetto e di considerazione. Senza la Chiesa non ci sarebbe stata la dissociazione politica dal terrorismo, la promulgazione della legge che ha sancito la fine della lotta armata in Italia e ha poi consentito la decarcerazione di migliaia di detenute e detenuti.”​

Alla luce della sua esperienza, cosa significa aver incontrato Dio?

È una speranza che vale per tutti, anche per chi ha commesso atti orribili? Il perdono e la vita nuova sono possibili per tutti?​

“Significa essere un uomo libero. Libero dalle ideologie. Libero dai poteri e dai contro-poteri. Significa avere incontrato l’Altro in tutti gli altri. E ciò anche nel luogo solitamente preposto alla mancanza di libertà. In questo senso, la prigionia è stata un “viaggio al termine della notte” a cui non potrei mai rinunciare. È stato un percorso per tanti? Credo di sì, anche se per molti ha prevalso il pudore e il silenzio.”

0.6

data. 1983-1984
documento. IV Scuola della Parola. Meditazione di Martini sul Miserere (Salmo 50).
foto. Il Card. Martini in Duomo attorniato dai giovani per la Scuola della Parola.

“Il riconoscimento del proprio peccato segna l’inizio della conversione interiore. L’interiorità, luogo decisivo per l’uomo nel cammino verso la verità, è la capacità di rientrare in se stessi, di comprendere il senso delle azioni compiute e che si compiono, perché soltanto nell’intimo si possono valutare e giudicare.
E l’esperienza attesta che c’è un nesso inscindibile tra la conversione del cuore e la riconciliazione sociale e politica. Non ci può essere una vera, duratura, stabile riconciliazione sociale e politica tra gli uomini, i popoli, le nazioni senza conversione del cuore; come pure non c’è conversione del cuore senza che ci sia un irradiamento, una risonanza nella riconciliazione sociale e politica.”

Carlo Maria Martini

1. Caino e il samaritano

foto. Carlo Maria Martini nel corso di una delle sue numerose visite ai carcerati di S. Vittore a Milano
video. Intervista a Carlo Maria Martini e a don Luigi Melesi
testi. Carlo Maria Martini

Caino e il samaritano, archetipi dell’umano

Non è dal modo in cui un uomo parla di Dio,
ma dal modo in cui parla delle cose terrestri,
che si può meglio discernere se la sua anima
ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio

Simone Weil

Un tratto che attraversa l’intera vita e tutta la missione del Cardinale Martini è la duplice fedeltà: alla Parola di Dio e insieme al Mondo e alle sue vicende. La sua grande capacità è stata di entrare – armato solo della Parola di Dio – nella storia reale, tanto concreta e materiale da essere fatta di piombo, e di orientare la sua riflessione – che è sempre passata nel mezzo dei drammi e delle tragedie della storia – al più umano dei desideri, il desiderio di conciliazione, di fratellanza vera, e quindi alla edificazione della città per l’uomo, costruendo relazioni nella loro dimensione più generale: quella politica.

 

La comune umanità è drammaticamente segnata dal marchio di Caino ma anche distinta dallo sguardo e dalla cura del Samaritano. Nella Genesi, Caino, cifra della violenza omicida, viene tenuto in vita da Dio.

Nella Genesi, Caino, cifra della violenza omicida, viene tenuto in vita da Dio. Caino non può morire perché deve ricordarci che è nostro fratello e che dentro di noi abita Abele il giusto, ma anche sovente sosta l’omicida, quello che non osiamo nominare, l’Innominato, che pure infine può accogliere un raggio di luce nella sua vita. “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia” (A. Manzoni).

2. La città, pestilenze e risorse

foto. C. M. Martini presta servizio in una mensa per i poveri in Roma (anni ’70, © Archivio Fondazione Corriere della sera).
video. C. M. Martini: “Paure e speranze di una città” – Discorso al Comune di Milano (28 giugno 2002).
testi. Carlo Maria Martini.

La città, pestilenze e risorse

Martini si pone sempre in contesti vitali, nel cuore della vita, ove sorgono relazioni, domande, speranze, illusioni, attese, delusioni, gioie, perché è da lì che occorre interrogare la Parola e spremerla fino in fondo.

La città – patrimonio dell’umano – sempre ricca di risorse, è anche afflitta da pestilenze: la violenza, la solitudine, la corruzione.
Perché il bene e il male, la grazia e il peccato hanno sempre e da subito a che fare anche con il vivere collettivo, con la comunità degli uomini e non solo con la coscienza del singolo.

Per dare concretezza all’accoglienza e divenire prossimi ai fratelli, nel 2004 il Cardinale Martini avvia l’attività di “Casa della Carità”, una struttura di ospitalità per persone e famiglie in difficoltà, un luogo per fare crescere la cultura dell’accoglienza.

3. La spiritualità dei conflitti

foto. Processione del Venerdì Santo per le vie di Milano, con la croce di S. Carlo. (1984, Archivio fotografico ITL).
video. Carlo Maria Martini, Conferenza all’UCID – Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, 5 ottobre 1984.
testi. Carlo Maria Martini.

La spiritualità dei conflitti, il destino dell’uomo

È la spiritualità dei conflitti – il conflitto come esperienza non solo psicologica, ma spirituale – che ci porta a considerare che nell’esistenza individuale e collettiva si trovano residui irriducibili: se il desiderio dell’uomo è la compiuta giustizia, il suo destino non è di realizzare compiutamente la giustizia, ma di avere sempre fame e sete di giustizia. Un grande, inesauribile desiderio, un mai compiuto destino.

4. Banalità del male

foto. Il cardinale Carlo Maria Martini benedice la salma del magistrato Guido Galli, assassinato nei corridoi dell’Università Statale di Milano, 19 marzo 1980 (© Archivio Fondazione Corriere della sera).
video 1. Carlo Maria Martini: Omelia per la camminata delle Sentinelle del Mattino, 15 settembre 2001.
video 2. Carlo Maria Martini: Esequie per le vittime di via Palestro, 30 luglio 1993.
testi. Carlo Maria Martini.

Banalità del male e responsabilità verso il mondo

 

“Se gli uomini
non possono riferirsi a un valore comune,
riconosciuto da tutti in ciascuno,
allora l’uomo
diviene incomprensibile all’uomo”

Albert Camus

 

Si è soliti parlare di banalità del male per significare che ciò che accade avviene quasi di per sé, con una specie di abitudine che affievolisce l’intelligenza, la capacità di discernere, la riflessione ed infine il giudizio. Banale vuol dire anche piatto, poco degno di considerazione. Come può non essere degno di considerazione un omicidio, una strage, un genocidio? Come è possibile fare ciò senza pensare all’atto e alle sue conseguenza, al dolore che provoca in altri esseri umani?

Eppure, basta non considerare gli altri esseri umani al pari di noi. Insomma, come può avvenire il male? Semplicemente perché chi lo compie pensa di vivere su una terra diversa rispetto ad altri: pensa di abitare senza dubbio dalla parte del vero, del giusto, del bene . Del resto, per antica tradizione l’altro (il barbaro, la donna, lo schiavo, il nero…) non è ritenuto il manchevole?

Considerare l’altro non come manchevolezza ma come destinatario del mio sguardo, occasione di incontro capace di arricchire anche la mia manchevolezza: questa la responsabilità verso la vita ed il mondo, il presente e il futuro.

5. Adversa diligere

foto. «Pro veritate adversa diligere»: motto e stemma episcopale del Cardinal Martini.
video 1. p. Carlo Casalone SJ illustra i significati del motto del cardinal Martini.
video 2. Carlo Maria Martini: Discorso in Sant’Ambrogio, 6 dicembre 2001.
testi. Carlo Maria Martini.

Adversa diligere: etica e strategie esistenziali

«Pro veritate adversa diligere», il motto episcopale di Martini, è tratto da Gregorio Magno.
Questa linea è una vera traiettoria interpretativa dell’opera di Martini, la sua strategia di esistenza. È nello stare dentro le cose che si può dire all’uomo qualcosa di significativo, di sensato: la verità richiede la fatica di transitare per terreni impervi, forse anche su fino al Calvario.

6. Il peccato e la giustizia

foto. Il cardinal Martini stringe la mano al brigatista Franco Bonisoli (© Archivio Fondazione Corriere della sera).
video. Don Luigi Melesi ricorda il cardinal Martini.
testi. Carlo Maria Martini.

Il peccato e la giustizia

Il peccato e la grazia hanno sempre una dimensione sociale, hanno quindi a che fare con la giustizia e l’ingiustizia.

Cosa allora caratterizza le parole di Martini? Che il peccato, situandosi sempre all’interno di una relazione, con Dio e con gli altri uomini, e caratterizzandosi come “rottura”, non è mai un fatto puramente individuale, ma sempre assume una dimensione sociale; non solo si situa nel rapporto tra l’uomo e Dio ma sempre dimora, prende corpo e materia nella storia, lasciando traccia nella vita degli altri uomini, talvolta insanguinandole.

Il peccato, con il suo immediato avere a che fare con gli altri, e quindi con la collettività, nella sua essenziale dimensione sociale, trova figura e corpo nell’iniquità.

La visita virtuale


i materiali

. i pannelli introduttivi
. la mostra
. la locandina
. il volantino

. pannelli introduttivi

. la mostra

. la locandina

. il volantino

Adversa Diligere

UN UOMO PER LA CITTÀ

L’opera di Carlo Maria Martini nella riconciliazione di Milano

a cura di
Agostino Frigerio

ricerca iconografica
Maria Grazia Tanara

percorso espositivo
p. Nicola Bordogna sj
Lorenzo Pellegrinelli

realizzazione web
Elvio Schiocchet

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